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Perch' io maestro mio, questo chi muove? Non è quaggiuso ogni vapore spento? 106 Ond' egli a me: avaccio sarai dove Di ciò ti farà l'occhio la risposta, Veggendo la cagion che 'l fiato piove. Ed un de' tristi della fredda crosta Gridò a noi o anime crudeli Tanto che data v'è l'ultima posta, Levatemi dal viso i duri veli,

109

112

Sì ch' io sfoghi'l dolor, che'l cor m'impregna, Un poco pria che 'l pianto si raggieli . 115 Perch' io a lui: se vuo' ch' i' ti sovvegna,

Dimmi chi se': e, s'io non ti disbrigo,

Al fondo della ghiaccia ir mi convegna.

del vento. Vuole accennare, ch' era quel vento, dal muovere delle ali di Lucifero cagionato (come nel principio del seguente canto dirà), tanto impetuoso, che rendevasi sensibile agl' istessi quantunque già interizziti sensi,

105 Non è quaggiuso ec. Intendi che il vento sia esalazione di vapori dal Sole cagionata, e che a quel profondo l'attività de' solari raggi non arrivi. * Quaggiù, il Cod. Angel. N.E.

106 Avaccio per prestamente, adoprato da antichi scrittori parecchi, vedilo nel Vocab. della Cr. Onde intendi: prestamente giungerai.

108 Piove catacresi, per manda, dall' appellarsi piovere il mandar acqua che fa il cielo-fiato per vento adoperato anche Inf. v. 42, ed è pure adoprato dal Petrarca, e da altri. Vedi il Vocab. della Cr.

109 Della fredda crosta, del ghiaccio, che erosta appella per similitudine alla crosta del pane; perocchè, come la crosta del pane cuopre il molle, così quel ghiaccio l'acqua di Cocito.

111 Posta per posto, situazione, la è voce adoprata anche da altri. Vedi il Vocab. della Cr. Argomenta che sia lor destinata l'ultima infernale situazione dal sentire che verso quella cammin facevano; ed essendo la medesima il luogo dei più empj traditori, perciò non dubita di chiamarli anime crudeli.

113 114 Impregna. Propriamente impregnare vale ingravidare, ma qui traslativamente per aggravare, angustiare. Un poco ec., per quel po' di tempo che le sparse lagrime rimarran fluide.

115 116 Se vuo', che legge la Nidob. preferisco a se vuoi che leggono l'altre edizioni (* e il Cod. Vat. N.E.) per togliere l' io dal vicino ui. Vuo' per vuoi adopera Dante anche Inf. v. 5 - Chi se' la Nidob. e la Fulgin., ed accorda colla risposta io son, due versi sotto. Chi fosti l'altre ediz. - disbrigo: disbrigare, trar d'impaccio, liberare. 117 Al fondo della ghiaccia vale quanto al mezzo tra i più iniqui traditori. Ghiaccia per ghiaccio hanno detto anche altri antichi scrit

118 Rispose adunque: io son frate Alberigo; Io son quel dalle frutta del mal orto, Che qui riprendo dattero per figo.

121

Oh! dissi lui, or se' tu ancor morto?

Ed egli a me

Nel mondo su,

124 Cotal vantaggio ha

come il mio corpo stea
nulla scienzia porto.

questa Tolommea,

tori. Vedi il Vocab. della Cr. ir mi convegna. Con questa imprecazione equivoca gabbò Dante colui, facendogli credere che, non attendendo la promessa, convenissegli andar in quel fondo a penare; mentr' egli s'intendeva di andarvi solo a quel fine per cui sapeva di doverví andare, cioè, per vedere.

118 Frate Alberigo. Costui fu dei Manfredi Signori di Faenza, e nella sua ultima età diventò Cavalier Gaudente; onde fu detto frate Alberigo. E poi fu tanto crudele, che essendo in discordia co' consorti, cupido di levarli di terra, finse di volere riconciliarsi con loro: e dopo la pace fatta gli convitò magnificamente, e nella fine del convito comandò, che venissero le frutta, le quali eran segno dato a quelli, che avessero a ucciderli, Adunque di subito saltarono dentro, ed uccisero tutti quelli, che Alberigo voleva che morissero. LANDINO. Una nota del Con. Cass. ci fa sapere, che gli uccisi a tradimento furono i due fratelli Manfredo ed Alberghetto nipoti di detto frate Alberigo. N.E. Dell' istituto de' frati Gaudenti, e della cagione di cotal soprannome, vedi la nota al v. 103 del passato canto XXIII.

*

119 lo son quel dalle frutta ee. Allegoria allusiva al detto tradimento di Alberigo; e furono veramente di mal orto tali frutta. Dalle frutta con la Nidob. leggevano l'Aldina, e, quanto veggo, tutte l'antiche edizioni. Agli Accad. della Crusca è parso di dover seguire la lezione di pochi testi delle frutte, credendo che non si trovi frutta nel numero del più. Vedi però, lettore, il Vocabol. della Cr., che sotto la voce Frutto ne reca gli esempj.

120 Riprendo, ricevo, dattero per figo: prosiegue l' allegoria, e vale quanto abbondante contraccambio; per essere il dattero un frutto più del fico pregiabile. Figo per fico, antitesi a causa della rima, e ad imitazione fors' anche di alcuni Italiani dialetti che figo pronunziano, come il Veneziano, e il Lombardo .

121 Tu ancor, tu pure, intendi come lo sono questi altri. Fa il Poeta questa dimanda, perocchè credevalo, com' era in fatti, ancor vivente.

122 Come il mio corpo stea, cioè se sia vivo o morto-stea, e dea (v. 125.) in vece di stia e dia trovansi da buoni antichi scrittori adoperati anche in prosa ma ora è dimesso (a).

123 Porto. Portare per avere, come diciamo comunemente portare opinione in luogo di avere opinione.

124 Cotal vantaggio, detto ironicamente in vece di cotal disgrazia questa Tolommea, da Tolommeo Re d'Egitto, traditore di Pompeo Magno, ch' era a lui ricorso dopo la rotta di Farsaglia: o da Tolom

(a) Vedi Mastrofini Teoria e Prospetto de' verbi Italiani sotto i verki Stare n. 16.

Che spesse volte l'anima ci cade
Innanzi ch' Atropos mossa le dea.
127 E, perchè tu più volentier mi rade
Le 'nvetriate lagrime dal volto,
Sappi che tosto che l'anima trade,
130 Come fec'io, il corpo suo l'è tolto

Da un dimonio, che poscia il governa
Mentre che 'l tempo suo tutto sia volto.

133 Ella ruina in sì fatta cisterna :

E forse

lo
pare ancor
corpo suso
Dell'ombra, che di quà dietro mi verna.
136 Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso;
Egli è ser Branca d'Oria, e son più anni
Poscia passati ch' ei fu sì racchiuso.
139 I' credo, diss' io lui, che tu m'inganni:
Chè Branca d' Oria non morì unquanche

E mangia, e bee, e dorme, e veste panni.
142 Nel fosso su, diss' ei, di Malebranche,

meo genero di Simone Macabeo, che uccise per tradimento il suoce-
ro e due suoi cognati andati da lui ad alloggiare.

125 Ci equivale a qui (a).

126 Atropos, una delle tre Parche, quella che recidendo il vital filo',
dà la morte all' uomo; nel dar la quale dà mossa all' anima verso l' eter-
no suo destino.

129 Trade per tradisce, come dicesi comunemente appare per ap-
parisce.

132 Mentre vale fino a che il tempo suo il tempo che doveva

star con l'anima.

133 In sì fatta cisterna, in questo infernal pozzo; così appella-
to, nel canto xxxi 32.

134 135 Forse non avendo scienza neppur del proprio corpo
(v. 123) e molto meno dell'altrui

do,

-

-

pare per vedesi

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suso,

nel mon-

dell'ombra, di quest'anima che di qua dietro mi verna, che

-

sta nel verno, nel ghiaccio, di quà dietro a me.

136 Pur mo ora solamente-giuso, dal mondo.

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137 138 Ser Branca d' Oria, Genovese, il quale uccise a tradi-
mento Michel Zanche suo suocero, per torgli il giudicato di Logodo-
ro in Sardegna. VOLPI.
•―e son ec. e più anni sono passati dopo che
fu egli si racchiuso, così serrato e stretto, com'è in questo ghiaccio.
140 Unquanche, mai.

I

142 143 Fosso di Malebranche, dove ec., luogo d'Inferno, dove

(a) Vedi il Cinon. Partic. 48 € 4.

145

Là dove bolle la tenace pece,

Non era giunto ancora Michel Zanche
Che questi lasciò un diavolo in sua vece
Nel corpo suo, e d'un suo prossimano
Che 'l tradimento insieme con lui fece.
148 Ma distendi oramai in quà la mano,

Aprimi gli occhi. Ed io non gliele apersi,
E cortesia fu lui esser villano

151 Ahi Genovesi, uomini diversi

D'ogni costume, e pien d'ogni magagna!
Perchè non siete voi del mondo spersi?
154 Chè col peggiore spirto di Romagna

Trovai un tal di voi, che, per sua opra,
In anima in Cocito già si bagna

157 Ed in corpo par vivo ancor di sopra.

punisce Dante i barattieri ; e tale lo appella dal nome di Malebranche che
dà ai demonj che a quello presieggono. Vedi Inf, cant. xxi 37. e xxII 100.

144 Michel Zanche, l'ucciso proditoriamente da ser Branca d'Oria
messo egli pure dal Poeta nell'Inferno tra i barattieri. Vedi canto xx11.88.

145 Questi, Branca d'Oria; lasciò un diavol, la Nidoh; lasciò 'l
diavolo, l'altre edizioni (* e il Col. Vat. el' Angel. N. E.); ma la Nidob.
accorda meglio col detto di sopra: il corpo suo l'è tolto da un dimo-
nio, v. 130 e 131.

146 Prossimano, congiunto, parente: dicono essere stato un suo
nipote, che l'ajutò all' atto proditorio. VENTURI.

149 150 liele lo stesso che glicli. Vedi Cinon. Partic. 1191,
cortesia per azione giusta, dovuta, sì per riguardo alla divina giusti-
zia, che per riguardo al di lui merito; non si meritando fede
chi
la fede tradisce. * Fu a lui, il cod. Angel. N. E.

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154 Peggiore spirto di Romagna, frate Alberico, perocchè, com'è
detto, fu di Faenza, città di Romagna,

115 Trovai per intesi trovarsi un tal di voi, Ser Branca d' Oria
per sua opra, per gastigo dell' iniquo suo operare.

-

156 157 In anima ed in corpo, vale il medesimo che con l'ani-
ma e con il corpo; come per cagion d'esempio dicesi parlare in aria
brusca in vece di parlare con aria brusca Cocito, nome di quell'
agghiacciato infernal fiume. Ved. Inf. xxx1 123 Di sopra, nel mon-
do. * Ecco la vera costruzione che di questi versi ne dà il Biagioli :
poichè trovai collo spirto peggiore di Romagna (frate Alberigo) uno di
voi tale, che, per sua opra (per merito del suo malvagio operare ),
egli si bagna già in anima ( con l'anima ) in Cocito, e pare in corpo
(col corpo) ancora vivo di sopra (su la terra). N. E.

Fine del canto trentesimoterzo.

463

nono

ΤΟ

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ARGOMENTO (*)

In questo ultimo canto si tratta della quarta, ed ultima sfera del ed ultimo cerchio appellato Giudecca, dove si puniscono coloche hanno fatto tradimento a'lor benefattori; e sono tutti coperti dal ghiaccio e nel mezzo di essa v'è posto Lucifero, per lo dosso del quale descrive come passarono il centro della terra ed indi salirono a riveder le stelle.

Vexilla regis prodeunt inferni

Verso di noi; però dinanzi mira,

Disse 'l maestro mio, se tu 'l discerni.
4 Come, quando una grossa nebbia spira,
O quando l'emisperio nostro annotta,

7

Par da lungi un mulin che 'l vento gira, Veder mi parve un tal dificio allotta.

1 2 Vexilla regis prodeunt, è il primo verso del sacro inno, che dalla chiesa si canta al yessillo di G. C. cioè alla croce; e lo incastra qui Dante a scherno, dee credersi, del superbo attentato di Lucifero d' uguagliarsi a Dio, e per far maggiormente risaltare il di lui avvilimento e non già per mancanza di rispetto alle sacre parole, come scrupoleggia il Venturi - prodeunt verso di noi, si sporgono ver noi. Intende per questi vessilli le grand' ali di Lucifero.

:

-

5 Se tu'l discerni, se tu veli lui, cioè il re infernale, Lucifero. 4 Grossa nebbia spira. O spira dice in luogo di esala, intendendo essere la nebbia, come la è di fatto, una esalazione di vapori dalla terra e dall'acqua, ovvero appropria lo spirare, ch'è dell'aria, alla nebbia, perciocchè è dall' aria portata e mossa.

67 Par, comparisce -un mulin che'l vento gira, un mulino a vento, che ha ali grandissime. Molin, il Cod. Vat. E può servire a' gramatici, onde sappiano che i buoni codici del 300 stavano più alle etimologie che non ci stanno i moderni : poichè molino viene da mola, o da molendinum latino: e mulino d'altronde verrebbe piutosto da mulo.

(") Argomento metrico del cel, Gasparo Gozzi.

L' imperador del doloroso regno

Con l'ali sue fa il vento, onde si desta
11 gel, che serve ivi a divino sdegno.
Li due Poeti, che la gente mesta
Tutta han veduta, dell' Angiol rubelle
Scala si fanno ripida, e molesta
Ed escon quindi a riveder le stelle.

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