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Nel render conto del trebbiatojo del sig. Mondellino noi abbiamo raccolto dal suo opuscolo quelle notizie solamente che avevano stretta relazione col soggetto (Vedi Bibl. Ital., tom. XXXIV, pag. 68); ma fin d'allora notammo questi due paragrafi siccome quelli che meritar potevano qualche riflessione. Non ci contentammo di dati superficiali, ma volemmo attingere a fonti sicure onde meglio conoscere la verità, e riservammo un loco distinto a questo argomento.

Or sappia il sig. Mondellino che i semi di lino, di ravettone e simili piante oleifere che si ricavano dal suolo Lombardo non bastano a provvedere ai bisogni di consumazione non solamente delle arti, ma neppure del minuto popolo. Più di 20 mila quintali appunto di detti semi s'introducono ogni anno dall' estero per impiegarli nella fabbricazione dell' olio, e quindi animare tante macine quante ne occorrono per siffatto uso.

Anche sotto la vecchia tariffa era favorita la introduzione di questi semi considerati come prodotto brutto o materia prima che anima un ramo della nostra industria, e come prodotto indispensabile, al quale non poteva supplire la nostra agricoltura. Non pare dunque che sia conveniente il proibire o inceppare con aggravj l'importazione di detti semi, ma che sia stato saviamente determinato dalla Tariffa generale il leggiero tributo di lir. 1. 60 ital. al quintale, tributo tuttavia maggiore di quello ch' era imposto dalla vecchia tariffa, e che consisteva in 12 centesimi solamente.

Nè gioverebbe aggravare il dazio d'entrata degli olj comuni di più di quello che trovasi determinato dalla tariffa attuale, poichè essa è già forte abbastanza montando a lir. 13 39 3 per quintale, quando nella tariffa italiana non era caricato che di lir. 4. 71 per quintale. Úna diminuzione di dazio per l'olio accrescerebbe l'importazione di questo e diminuirebbe quella de' semi oleiferi con danno della nostra industria senza alcun compenso nel nostro risparmio. L'importazione annua degli olj estratti dai semi di lino, di ravettone, di noce, ammonta a circa cento quintali, i quali confrontati coi ventimila introdotti de' semi diversi provano di quanto venga nudrita l'industria lombarda nella fabbricazione di siffatti olj. Ben diversa all'incontro sta la cosa per rispetto alla importazione dell' olio d'ulivo che monta ogni

ecc.

anno alla quantità di 16 ia 17 mila quintali, per cui vedesi quanto passivo sia il nostro stato in questo ramo di commercio, al cui prodotto si ricusa la situazione troppo settentrionale del nostro regno, essendo affatto insufficienti al nostro consumo le accidentali e privilegiate situazioni di alcune colline poste al meriggio sul lago maggiore, di Como, di Garda, ecc. che appena somministrano ulivi al consumo delle rispettive provincie.

Da questi pochi fatti, della cui esattezza ci facciamo mallevadori, comprendesi come gli uomini anche meglio intenzionati giudichino a torto le misure dei governi per pronunciare sulle quali bisognerebbe aver tutti i lumi e tutte le cognizioni e tutti i risultati di fatto che può ottenere solamente colui che trovasi nel maneggio degli affari, e può all'occasione consultare tutti i libri de' diversi dicasteri amministrativi.

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Osservazioni sopra il celebre stabilimento d' Aversa nel regno di Napoli e sopra molti altri spedali d'Italia destinati alla reclusione e cura de' pazzi, con alcune considerazioni sopra i perfezionamenti di che sembra suscettivo questo genere di stabilimenti. Opera del dott. Domenico GUALANDI, medico direttore dei dementi nell' Ospedale di S. Orsola in Bologna, ecc., con due tavole in foglio. Bologna, 1323, tipografia Masi, di pag. 230 e x di prefazione, in 8.o

RECATO

ECATO essendosi l'autore per occasione presentataglisi all'ospedale de' pazzi di Aversa, non trascurò di tutto minutamente osservare, e di acquistare colla propria ispezione il diritto di pronunziare un equo giudizio su quello stabilimento; molte notizie si procurò altresì dal dottore Francesco Ramolini, che per munificenza della sua sovrana, l' arciduchessa Maria Luigia di Parma, trattenuto erasi circa sette anni in Aversa, onde informarsi dei metodi di cura e di tutte le cose concernenti quel famoso spedale. Nel capitolo I espone l'autore la descrizione dello stabilimento di Aversa nella sua parte materiale; egli ne ha quindi presentata nella prima tavola aggiunta a questo volume la pianta topografica, dalla quale si scorge che lo stabilimento è una specie di quadrilungo, la di cui fronte principale è collocata in uno de' suoi due lati minori, rivolto verso il Nord Est. Vi si vede una piazzetta di fronte alla casa, alla chiesa ed al giardino; vi si vede una facciata di aspetto sufficientemente bello, con alcune rozze pitture e due ordini di finestre, delle quali le superiori sono velate da fiorami di latta a guisa di coda da pavone; ed havvi una serie di pilastri con cancelli di ferro, che lasciano vedere i compartimenti di un giardino all' olandese. Alte mura chiudono tutto all' intorno tanto il detto giardino, quanto un orto assai vasto, e nella parte interna sono dipinte, e rappresentano diverse vedute di paesi. Una specie di vestibolo mette alla chiesa, che è un parallelogrammo rettangolo con tre cappelle, diviso da un parapetto di legno che vieta l'ingresso allo

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spazio nel quale ascoltano la messa gl'impiegati e le donné dello stabilimento; havvi un organo con un' orchestra, ove stanno i sonatori ed i cantanti. I pazzi hanno un ingresso separato alla chiesa, e innanzi alla fronte dello spedale è situata la porta principale. Per mezzo di un atrio ornato di busti e di statue si passa ad una sala recentemente fabbricata, forse per trattenimento de' forestieri; si entra quindi in un cortile quadrato, intorno al quale gira un portico tutto dipinto, e da un camerone, che altre volte era una sagrestia monastica, si passa ad altre camere in una delle quali si è formato un tempio da collocarvi busti o statue, delle divinità che hanno relazione colla pazzia. In altra è collocata una piccola stamperia colle casse dei caratteri ed un torchio; trovasi quindi la camera de' bagni, detta sala di Diana; trovasi un corridojo pel quale passare si potrebbe in altro cortile, poi un corridojo coperto, che guida ad un cortile più ampio del primo, in parte ridotto a giardino all' uso olandese. Altre camere terrene servono di officina al calzolajo dello stabilimento, di sala anatomica, di magazzini, di pollajo e di officina del barbiere; un vasto camerone serve al riparo de' pazzi che si trovassero nel cortile in caso di pioggia; non lontana è la cucina comune, dalla quale si entra nel refettorio de' nobili o de' pazzi che pagano pensione, e finalmente trovasi una porta che conduce al teatro, dal quale si può uscire nell' orto coltivato ad erbaggi, con viti ed alberi fruttiferi.

Una grande scala conduce al piano superiore, nel quale trovasi un lungo corridojo suddiviso, e colà sono situate le guardarobe, alcune stanze destinate a contenere pazzi, una camera così detta oscura e la cucina del prefetto maggiore. Veggonsi poscia la spezieria e la gran sala degli spettacoli, nella quale trovansi alcuni strumenti musicali, un' orchestra, un teatro di burattini, ed un busto del re, corteggiato da Minerva, dal tempo e da un genio. Altre camere contengono diversi trastulli, capannelle di carta, lanterne magiche, barchette ecc., altre servono pei convalescenti, e un corridojo ineguale guida ad undici altre camere inservienti alla contabilità, alla prefettura maggiore, a dispense, a contenere telai, alla libreria del direttore, all' abitazione di questo ed al custode della guardaroba ecc. In faccia alla spezieria veggonsi diverse altre

camere, una delle quali montatá a guisa di corpo di guardia con fucili e sciabole di legno é berrette di cartone, altra destinata allo stampatore, altre ai prefetti, altre a diversi pazzi. Un nuovo corridojo in gran parte oscuro, dà accesso pure a camere che servono di ricovero ai pazzi ed agli inservienti. Un viottolo tortuoso, stretto ed oscuro, all' stremità del corridojo accennato, mette pure a diverse camere occupate da' pazzi, la descrizione delle quali non fa certamente onore allo stabilimento. Tornando verso lo scalone, si veggono le camere che sembrano, ma non sono destinate alla guardia de' medici e de' chirurghi, ed altre si trovano scendendo lo scalone medesimo, altre in un corridojo opposto, dove una ve n'ha destinata per la guardia di notte; altre camere per uso de' pazzi sono situate in un corridojo parallelo ad uno de' lati della chiesa. Verso la facciata dello stabilimento in una sala conservansi varie casse orizzontali, in un camerino tre congegni, che tutti servono di mezzi di repressione, orizzontale le prime, verticale i secondi. Sparse sono in diversi luoghi al-` cune profumiere, e alcuni pazzi sono anche collocati in ana specie di terzo piano, denominato i cancelli, i quali però non sembrano tenuti con molta cura non giacendo che sopra paglioni senza fusto, ed anche sulla paglia trita e sudicia.

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Si espongono nel cap. II alcune notizie intorno al regolamento di quell' ospizio, al numero de' pazzi che esso contiene, e ad altre cose che lo riguardano. Quell' ospizio, unito ad altri due, uno dei quali è situato dentro la città,' l'altro più distante per uso delle donne, che all'autore non fu conceduto di visitare, conteneva, allorchè egli fu in Aversa, 427 pazzi, cioè 269 uomini e 158 donne, trovandosi nel locale descritto della Maddalena se non che 187 dei primi, 10 delle seconde. Tra questi non fu dato all'autore di distinguere i maniaci, i melancolici, gli stupidi, i convalescenti, gl' incurabili, gl' individui sottoposti ad altre malattie, non essendo gli ammalati divisi in classi, e reputandosi forse da quel direttore la confusione delle diverse categorie vantaggiosa alla cura morale, il che è assai problematico, per non dire stravagante. I pazzi tenuti a pensione erano al numero di 30 incirca; gli altri tutti mantenuti dal governo; e una distinzione passava certamente tra gli uni e gli altri, perchè i primi

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