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poi quale rapporto d'identità o di semplice rassomiglianza scorgesi mai tra i giudizj e tra le sensazioni? eppure gli uni e le altre si vorrebber prodotte dalla sola facoltà di sentire! La seconda poi, ossia la volontà sentendo i desiderj e le passioni quantunque abbia eccitamento ad agire dai motivi esterni di piacere e di dolore, ossia dalla sensibilità, pure non può dirsi che sia un modo della sensibilità stessa, perchè questa eccita e muove quella senza però crearla o produrla; se non che ad escludere l'opinione contraria basterebbe il solo osservare, che la volontà non può essere una modificazione di una facoltà assolutamente passiva, quando essa è sempre spontanea ed energica per prevalere sopra la forza delle sensazioni stesse, o almeno per agire in un modo diverso dalle medesime. Per tutto ciò mentre persistiamo nel distinguere la memoria, il giudizio e la volontà dalla facoltà di sentire, osiam dire che questa distinzione è necessaria a farsi non solo perchè l'analisi di noi stessi la richiede; ma perchè anche sia tolto l'adito a quelle maligne induzioni, con cui molti filosofi travisarono la vera natura dell' essere pensante; sicchè se il Tamassia volesse pur dichiararla meramente arbitraria, noi diremo che ciò devesi intendere soltanto per riguardo al numero e alla denominazione delle nostre facoltà, ma non mai per quello che spetta a non confonderle in quegli atti che sono tra di loro essenzialmente e cotanto differenti.

Per quello poi che si riferisce alle vicendevoli influenze dei sensi interni ed esterni, e del cervello, e del grado diverso, e di forza, e di persistenza che debbe venirne alle rispettive sensazioni, anche in ciò non possiam accordarci col Tamassia di distinguere una triplice separata sorgente di sensazioni negli organi interni, cioè negli esterni e nel cervello, perchè il sistema nervoso considerato siccome veicolo di sensazioni, è,fisiologicamente unico e cospirante, perchè non si hanno

vere sensazioni se non quando le impressioni vengano portate dalle estremità nervose al cervello, e perchè il cervello o non ha sensazioni proprie e primitive senza ricorrere alle ipotesi delle sognate e misteriose sue reazioni, ovvero queste assolutamente si confondono colle esterne o colle interne. Del resto è indubitato che v'è una reciproca influenza fra questi tre sistemi, e che le sensazioni esterne estendonsi a tutti i nervi, mentre quelle dell'organo cerebrale dipendono dalle esterne.

Rispetto finalmente alle due ultime materie del. libro del Tamassia, l'una intorno al problema se il cervello sia la sede delle passioni di cui il filosofo non dubita, l'altra sulle leggi della sensibilità, ci accade di osservare primieramente, che se il Tamassia adduce gravi ragioni per confermar siffatta opinione intorno alla sede delle passioni, corre però rischio di contraddizione avendole dichiarate dapprima istintive, e derivanti dai visceri intérni; secondariamente che se egli parlò acconciamente delle leggi dell' associazione e dell' abitudine delle sensazioni, non riuscì però ad ispiegar egualmente quella della loro intermittenza nel sonno e nei sogni, perchè, giusta le idee del Cabanis, del primo. non diede che una incompleta definizione chiamandolo il riposo degli organi esterni e dei moti volontarj, mentre lo è più delle facoltà intellettuali e delle idee, e perchè dei secondi falsamente disse che non sono altro che impressioni o sensazioni dell' organo cerebrale, laddove per chi è giusto apprezzatore ed amatore del vero, ingenuamente si confessa che cotali fenomeni sono tuttavia ignoti e misteriosi ad onta delle pompose spiegazioni del Cabanis, e delle gravi congetture del Cullen, del Gall e dello Spurzeim.

E dopo tutto quello che sinora s'è discorso e ragionato intorno al Saggio del Tamassia, potrà egli gloriarsi di aver seguite le altrui orme così davvicino? e potrà egli chiamar ottima la guida che lo

diresse in tutto il corso del suo libro (1)? Noi ne dubitiamo assai, ma più di noi ne dubiteranno que' leggitori, i quali recandosi a somma premura la scientifica nostra gloria, vorrebber torre gl'Italiani alla vergogna di seguitare gli altrui errori, tornando la lor mente ai sublimi concepimenti, onde seppero illustrarsi ne' secoli trapassati. Sorga adunque un così nobile desiderio nell' animo di tutti, e s'interroghi una volta quel genio creatore che improntò d'originalità la filosofia del Telesio e del Cardano anche in mezzo alla barbarie Aristotelica, se aspiriamo a serbar eterna la fama di quel sapere, che siccome eredità ricchissima ci venne tramandata.

(1) Ved. pag. 130.

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PARTE II.

SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.

Descrizione ed uso de' nuovi stromenti chirurgici di Paolo ASSALINI, con XII tavole incise in rame. Vol. 1.° Palermo, 1824, dalla tipografia di Baldanza, di pag. 266. Prezzo it. lir. 5.

Un ben acconcio stromento rende più facile ogni operazione, e contribuisce al felice successo di essa.

Stevenson su la cateratta. Sez. VII.

1. Della forbice e delle pinzette.

ALLORQUANDO

LLORQUANDO l'autore cominciò a fare le ordinarie medicazioni negli spedali, s' accorse più d' una volta, che passando dall' uno all' altro letto colla forbice e le pinzette alla mano, o l'uno o l'altro di codesti stromenti facilmente smarrivasi pel letto dell' infermo. Ond' evitare un tale inconveniente, pensò di riunirli ambidue in un solo, il quale ha la figura di un' ordinaria forbice chirurgica, se non che, per una terza parte delle sue lame fino alla punta, termina a foggia delle ordinarie pinzette.

Quando questo stroniento è chiuso, presenta al chirurgo una tasta, o sonda piena, i cui lati essendo solcati, formano due guide per servire al bistori in varie operazioni; di queste guide, una termina aperta come le ordinarie; l'altra termina a fondo cieco.

Gli apici poi delle due aste dello stromento, essendo nella loro parte interna leggermente solcati per la lunghezza di quattro linee, al bisogno possono diventar portaaghi.

Questo stromento, che in sè ne riunisce sei, non soddisfa che imperfettamente allo scopo che si otterrebbe da ciascun d'essi preso isolatamente. Egli altro non è che

una mediocre pinzetta, un' imperfetta forbice, una cattiva tenta, un inutile porta-aghi. L'inconveniente, che ha indotto il sig. Assalini a riunire tutti questi stromenti in uno solo, è a parer nostro, di sì lieve importanza, tale da non contrabbilanciare nè anche di una millesima parte gl' inconvenienti che ne derivano dall' uso di lui,

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II. Della forbice e de' bistori.

Ad oggetto di minorare il numero degli stromenti per le medicazioni ordinarie, nella forbice a punta acuta ha fatto costruire il chiodo, che unisce le due lame, in modo da potersi queste separare. Quando in questa forbice retta le lame sono disgiunte, allora esse divengono due bistori, de' quali l'uno è a punta acuta, e l'altro bottonato.

Anche qui l'autore, volendo fare della forbice anche due bistori, ha finito per darci nè buoni bistori, nè buone forbici, poichè la congiunzione, essendo mobile, non può avere quella fermezza e stabilità che si richiede, perchè, come forbice, faccia un taglio netto e facile. Ognuno poi vede, anche appena iniziato in chirurgia, quale diversità sotto ogni rapporto vi passi tra il tutto insieme di una lama di bistori, e quello di una forbice,

III. Della tenta a dardo per le contro-aperture.

Colla mira di eseguir facilmente, senza pericolo, e con ispeditezza le contro-aperture, e per non accrescere poi il numero degli stromenti, l'autore fece costruire un catetere da donna, aperto nell' apice, come la tenta a dardo di Frate Cosimo; cambiò l'ordinario manderino in un'asta più consistente, più elastica e più lunga del catetere, a vente una scanalatura nella parte concava; ed all' estremità superiore la fece armare di un dardo d'acciajo della forma di un' prisma triangolare. Quest' asta può essere di un pezzo solo, ovvero divisa in due parti, unite a vite, onde poterla più facilmente collocare nella ferriera. All'estremità del catetere v' ha un occhiello, che serve a far passare un setone, quando questo sia giudicato indi spensabile. L'autore trovò utilissimo questo stromento anche nel caso di dover dare uscita a corpi stranieri arrestati presso la cute, e in vicinanza di parti nobili, e facili ad essere ferite.

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