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a Muciano, come si può raccogliere da ciò che ne scrive Tacito Hist. lib., 1. cap. e Ann. lib. 13. cap. 12. 45. 46.; se non che superava Muciano in giovinezza, avvenenza, e nel somigliar Nerone in que'vizj, che ancor Nerone rendevano caro a molti, Queste sue ultime qualità, e principalmente il trovarsi in Roma, caput rerum, gli ottennero l'approvazion del Senato, per cui solo può dirsi ch' ei conseguisse l'imperio. Del resto v'ebbe un istante che possa dirsi ch'ei pienamente signoreggiasse? o non dovette piuttosto, assuntone il titolo, cederlo al più vile degli uomini? Muciano con poche forze, luogi da Roma, senza l'amore de' grandi, senza 1 affezione del popolo, non avrebbe potuto mai violentare la volontà del Senato. Ma posto ancora ch' egli potesse pur conseguire l'imperio, non avrebbe potuto poi conservarselo. Perchè Cicerone pro Sextio, e Plutarco de praecept. reipubl. gerendae ne insegnano, che ove sorgano al regno uomini delle qualità di Muciano, ne saran presto dalle loro stesse qualità rovesciati ; e il nostro Stellini nella sua dotta opera de Ortu et progressu morum vittoriosamente dimostra, come per conservare imperj acquistati con violenze e contrasti abbisognano appunto qualità e mezzi diversi affatto daquelli, co quali si procacciarono. I grammatici poi ammaestreranno il Ferlet, che se il Crevier abusò nel prendere obtinere nel senso di conservare e ritenere una cosa, fu colpa sol di Terenzio che in tale significato l' adoperò Herc. Act i. sc. 4. v. 18. antiquam adeo tuam venustatem obtines, ut voluptati obitus, sermo adventus tuus, quocumque adveneris, semper siet; colpa di Cicerone, il quale assai volte, e spezialmente pro Rosc. Amer. cap. 48. in tale significato lo confermò, dicendo obtinere in perpetuum auctoritatem suam; colpa di Livio the lib. 26. cap. 20. l'uso ne avvalorò, collaudavit milites quod duabus tantis cladibus deinceps icti, provinciam oblinuissent; colpa finalmente di Tacito, che ne volle imitar l'esempio Ann. lib. 1. cap. 32. non tribunus ultra, non castrorum praefectus jus obtinuit.

Perchè niun poi possa credere essere il Testo di malagevole intelligenza, ci si permetta di brevemente chiarificarlo. Tacito descrive qui le qualità di Muciano per dar poi conto di quanto egli operò. L'operazione sua più notabile fu di animare ed ajutar Vespasiano a procacciarsi l'imperio, quando potea contrastarglielo. Ciò poteva generalmente interpretarsi virtù ; e quindi volle che tutti lo reputassero un calcolo, quale realmen

te fu, di rapace e scaltra ambizione. Se Vespasiano con tante forze, e con emolo si vile a fronte, penò pur tanto ad aver limperio; poteva Muciano mai conseguirlo, ove si fosse a Vitellio unita la forza, la riputazione, il senno, e la fortuna di Vespasiano? Poteva egli combattere, certo però di soccombere. Reputò dunque meglio e col consiglio e con l'opera ajutare ad ascendervi chi più degno se ne mostrava, ed ottenerne in compenso la facoltà di saziare con ogni mezzo la sua crudele ingorda ambizione, oltre il lustro d'essere considerato come il compagno del principe. La sua condotta mostrò che tale ragione il mosse ad esser tanto cortese con Vespasiano : e Tacito ci prevenne con tal concetto a non apporgliene altra, che ripugnasse alle descritte sue qualità.

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Vuolsi riflettere finalmente, che correggendosi il Testo, come propone il Ferlet, ne sorge un senso contrario a quello ch' egli si avvisa di trarne. Perocchè il dire, che non è più facile ad uno fare una cosa, che un' altra, non denota propriamente, se non che gli sono egualmente ambedue difficili a fare: non mai che può l' una e l' altra fare con pari facilità; e a tale significato vorrebbe trarre questo concetto il Ferlet.

Nota 8. cap. 12.

NEL TRATTO STESSO) Eodem actu invisior leggesi concordemente ne' Codici. Quid est illud, domanda il Lipsio, actu invisum esse? E vuol che non altro sia che un'inezia, e una maniera non sol poco splendida, ma poco ancora latina . Proponeva dunque di toglier actu, e cangiar eodem iu eadem alla maniera di Plauto; gli piacque poi la congettura del Lezio, da cui leggevasi eodem auctu; finalmente si consigliò di correggere eo dein fastu invisior. Il Freinsemio, l' Acidalio, l' Einsio leggono eodem auctu col Lezio.Il Pichena sostituisce eo cunctis invisior. L' Ernesti in fine sostiene che possa leggersi eodem sottintendendovi tempore, factis invisior. Ma, con pace di critici così degni, io penso che tal maniera sia pure e latina, e splendida, e conforme ancora all'esprimersi immaginoso di Tacito. Actus, che denota strada da carri fra' campi, talor significa presso i poeti impeto, corso, impulso, come in Lucrezio lib. 3. vers. 194.:

...

mellis pigri latices, et cunctantior actus; e in Virgilio Aeneid. lib. 12. vers. 687.,

Fertur in abruptum magno mons improbus actu;

e in Lucano lib. 9. vers. 471.:

Pilaque contorsit violento spiritus actu.

Ora egli è chiaro, che eodem actu qui propriamente denoterà con egual corso, di pari tratto; talchè debba significare, che Tito Vinio nel crescere di potenza cresceva in odio; la quale immagine non può meglio esprimersi che colla simiglianza d'un carro, che traggasi per una strada, actu, le cui ruote del paro muovono e avanzano. Il nostro Alighieri adunque, quando cantò nel Purgatorio Canto 12. vers. I.,

Di pari come buoi che vanno a giogo, esprimendo l'eodem actu, presenta pur la sostanza di quella immagine, che qui s'adombra da Tacito.

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IL SUCCESSORE) Quod remedium unicum rebatur, comitia imperii transigit, volgesi dal P. Petrucci, credette non esservi altro rimedio, che trasandare i comizj imperiali, cioè i comizj per eleggere il successore all' imperio, com'egli dichiara poi nella Nota apposta, rimproverando non senza qualche irrisione il Davanzati, e quanti con lui si consigliaron di prendere il comitia imperii transigere per ispedire la scelta d'un successore. Io son tra questi; e poichè il Davanzati e gli altri non possono più purgarsi di tal rimprovero, io mi studierò di rimuoverlo, se non così dottamente com'essi avrebbono, il meglio almeno che per me si potrà. Dico dunque primieramente, che pe' Latini transigere non suonò mai trasandare: in secondo luogo, che quando ancora potesse sostener tale significato, dovrebbe deporlo qui per assumer quello, che ci costrinse ad apporgli la qualità del subbietto. A couvincersi che transigere non valse mai trasandare, basta ricorrere i Lessici, che altri significati di tal parola non ci offrono, che cacciare fuor fuora, passare da banda a banda, passare e menare, vendere, spaccciare, spedire, finire, accordarsi; nè havvi esempio anche equivoco, e di scrittore anche barbaro, onde almeno possa dubbiosamente appiccarglisi il trasandare. Ma v' abbian pure esempi chiari e a dovizia, nè della ferrea e lutea, ma dell' argentea ed aurea stessa latinità, perchè fra' tanti significati potesse sostener qui l'appoatogli dal P. Petrucci, dovrebbe pur mostrarsi che v'era in Roma una forma invariabile di comizj ad eleggere un successore

all'imperio, la qual fosse allora vilipesa da Galba. Ora qual fu la forma costante e sacra di que'comizj imperiali? Lasciamo Augusto, che fu di quella signoria fondatore, che guerre atroci e proscrizioni crudeli gli procacciarono. Augusto certo guardo l'imperio come sua proprietà da lasciarsi a chi più mai gli aggradiva. Pensò di Germanico, per le virtù veramente, ma di privato consiglio piegò a Tiberio per le preghiere di Livia, e per aver gloria da peggior successore Ann. lib. 1. cap. 10.; lib. 4. cap. 57. Tiberio a lungo ne dubitò; bilanciò tra'nipoti; gittò la mente anche ad uno straniero; abbandonò poi la scelta d'un successore al destino Ann. lib. 6. cap. 46. Quindi, per ciò che ne accenna Tacito, Cajo non salse all'imperio, se non perchè Tiberio, tenendol seco, gli avea già data riputazione di principe, e mezzi ancora di divenirlo contr' anche sua volontà col guadagnarsi l'anima dello stato, Macrone, e la forza più pronta per sottometterlo, i pretoriani cit. lib. 6. cap. 20. 45. 46. 50. poichè discordano mirabilmente Filone, Giuseppe Ebreo, Dione, e Svetonio, così però che risulta evidentemente ch' egli fu principe o per ultima volontà di Tiberio, o per felice ardimento contra ogni sua volontà, sempre cioè senza forma di pubblica destinazione. Mostra Svetonio poi in Claud. cap. 10. quanto casual fosse nel tempo stesso e ridicola l'elezione di Ĉlaudio. Un fantaccino, che il trae pe' piedi da una vil tana, e principe lo saluta mentr'ei la vita in ginocchio implora, ed a' quartieri lo trae tra il popolo a pietà mossone perchè credevalo strascinato al supplizio, e nel momento che i Consoli con il Senato e le guardie urbane occupavano il Foro ed il Campidoglio per riordinare la pubblica libertà, diede tal principe a Roma, a cui Tacito ci palesa come successe Nerone, che fu gridato principe da' pretoriani, poichè, cercato Britannico, nè mostratosi chi per altri li confortasse, quae offerebantur secuti sunt, Ann. lib. 12. cap. 69. Sin qui l'imperio non fu che unius familiae quasi haereditas Hist. lib. 1. cap. 16., ed eredità lasciata sempre ad arbitrio del possessore. Nerone fu poi di pubblica autorità degradato, ma non di pubblica autorità scelto Galba. Poca truppa ( qual parte di tanto mondo?) lungi da Roma gli offrì l'imperio, ch'ei si mantenne espugnando con una strage vergognosissima l'assenso del Senato e del popolo ; per lo che allora di eredità privata cangiossi l'imperio in preda esposta a chi avesse grazia o temerità da guadagnarsi il soldato; pessima via di succedere fra quante sieno

di

peggiori ad immaginarsi, come la storia de' Cesari palesò. Que sti eran dunque e di ragione e di fatto i comizj detti dal P. Pe" trucci imperiali. Non è mestieri di farci sopra a riflettere pe inferire, se, tali essendo, Galba li trasandò, o li compiè, sceglien‐ dosi a successore Pisone. So che comitia, per la frequenza usar tal voce a tale significato, suona comunemente assemblee solenni del popolo legittimamente ordinate. Ma non può il P. Petrucci ignorare, che si formò tal nome da coeundo quasi coitia a simul itando; e che perciò propriamente pur denotarono ogni adunanza, anche di picciol numero, e per qualunque intendimento raccolta, talchè Cornelio Nipote in Attico espresse con questo nome un' adunanza d'amici nihilo minus amicis urbana officia praestitit; nam et ad comitia eorum ventitavit ; et si qua res major acta est, non defuit ; mentre da Tito Livio con esso fu diseguata una moltitudine lib. 3. cap. 17. Ma niuno meglio di Plauto ci assicurò, dirsi pur bene comitia una consulta da pochi avuta anche per lieve argomento, con tre, che n'offre, splendidissimi esempj. Il primo è dell'Aulul. Act. 4. Sc. 7. vers. 20. Ibo intus, ubi de meo capite sunt comitia. Il secondo del Pseud. Act. 4. Sc. 7. vers. 134. Pseudolus mihi centuriata habuit capitis comitia. Il terzo è del Trucul. Act. 4. Sc. 3. vers. 45 Meo illic nunc fiunt capiti comitia: la qual maniera convien che fosse pur d'uso, poichè sì spesso fu adoperata dal pittor primo de' costumi romani. Che se taluno volesse oppormi, poco valere l'autorità d'un comico a trarre a nobile significato espressioni usate a scherzo da scena, io pregherò di riflettere che il sale comico allor punge con maggior vezzo quando si adombrano cose lievi con forme d'alto argomento. Posto dunque che fieri, habere, esse comitia significhi latinamente essere, aversi, tener consiglio d'alcuna cosa; gli è manifesto che qui comitia transigere denota propriamente spedire il consiglio d'un successore. Avea già Galba di ciò trattato e cogli amici, e tra sè. Lo indugiavano, oltre la sua tardità, le gare de' favoriti ad eleggere cap. 13. Credeva fomentasse i tumulti, e gli alienasse gli animi de'Romani la sua vecchiezza senza figliuoli; talchè sperava d'essere a queto di tutto, corroborandosi d' un successore. Spedì dunque e compiè la già trattata adozione, chiamati co'favoriti a consiglio il Console ed il Prefetto de' pretoriani. Non solo dunque la cosa, di che trattavasi, ma la maniera da Tacito adoperata ad esprimerla, giustifica il Davanzati e quanti lo seguitarono; mentre ad esclu

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