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Che se pur vita mi resti serbo alla mia vecchiezza e il principato del Divo Nerva e la signoria di Trajano, più ricco e ardito 3 argomento per cotal rara di tempi felicità, che ciocchè vuoi pensar lice, e palesar ciò che pensi.

2. Opera imprendo piena di avvenimenti, per pugne atroce, discorde per sedizioni, crudele ancor nella stessa pace. Quattro Principi di ferro spenti, tre guerre civiche, molte esterne, e per lo più trameschiate. Successi prosperi in Oriente, in Occidente avversi. Scosso l'Illirico; le Gallie ambigue; sommessa e lasciata subito la Brettagna; contra noi sorte le genti Sueve e Sarmate; nobilitato da mutue sconfitte il Daco; pressochè l'armi de' Parti mosse dall'illusion d'un falso Nerone. Italia poi travagliata da nuove, o dopo lungo girar di secoli ripetute rovine. Città ingojate o sepolte nella region fertilissima della Campania: e Roma guasta dal fuoco, consunti templi antichissimi, il Campidoglio stesso arso per mano de' cittadini: contaminato il culto; grandi adulterj; pieno d'esilj il mare; gli scogli lordi di stragi; barbarie nella Città più crudeli. La nobiltà, l'opulenza, gli esercitati o negletti onori, attribuiti a delitto; le virtù, di certa rovina. Nè i premj de' delatori abborriti men che i misfatti, sendochè altri, siccome spoglie, e sacerdozj e Consolati acquistatone, altri governi ed interna forza, tutto con l'odio e il terrore mescevano, rapinavano. Corrotti contra i signori i servi, contr' a' padroni i liberti; e dagli amici, a chi mancasse un nemico, oppresso.

3. Secolo tuttavia non di virtù così sterile, che

ut non et bona exempla prodiderit. Comitatae profugos liberos matres: secutae maritos in exilia conjuges, propinqui audentes: constantes generi: contumax, etiam adversus tormenta, servorum fides: supremae clarorum virorum necessitates, ipsa necessitas fortiter tolerata; et laudatis antiquorum mortibus pares exitus. Praeter multiplices rerum humanarum casus, coelo terraque prodigia, et fulminum monitus, et futurorum praesagia, laeta, tristia, ambigua, manifesta. Nec enim unquam atrocioribus, Populi Rom. cladibus, magisve justis judiciis adprobatum est, non esse curae Deis securitatem nostram, esse ultionem.

4. Ceterum, antequam destinata componam, repetendum videtur, qualis status urbis, quae mens exercituum, quis habitus provinciarum, quid in toto terrarum orbe validum, quid aegrum fuerit: ut non modo casus eventusque rerum, qui plerumque fortuiti sunt, sed ratio etiam caussaeque noscantur. Finis Neronis ut laetus, primo gaudentium impetu, fuerat, ita varios motus animorum, non modo in urbe, apud Patres, aut populum, aut urbanum militem, sed omnes legiones ducesque conciverat: evulgato Imperii arcano, posse Principem alibi, quam Romae fieri. Sed Patres laeti, usurpata statim libertate, licentius, ut erga Principem novum et absentem: primores Equitum proximi gaudio Patrum: pars Populi integra, et magnis domibus annexa, clientes libertique damnatorum et exulum, in spem erecti: plebs sordida et circo

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pur esempli onorati non producesse. Madri compagne a fuggitivi figli; mogli seguaci a mariti esuli parenti audaci; generi intrepidi; fedeltà di servi costante ancor ne' tormenti. Morti sforzate di chiari uomini con forte animo sostenute, e le generose antiche con pari laude emulate. Oltre a' moltiplici incontri de' casi umani, prodigj in terra e nel cielo, e ammonizioni di folgori, e presagj dell' avvenire, lieti, tristi, equivoci, manifesti. Nè certo mai per più atroci calamità del Popol Romano, a per più giusti argomenti fu conosciuto, non la nostra tranquillità, sì bene la nostra pena, esser a cuore agl' Iddii, 4

4. Prima però di mettermi nel proposito vuolsi riandare quale si fosse lo stato della Città, quale l'umor degli eserciti, qual la disposizione delle provincie, ciò che di valido per tutto il mondo, ciò che d'infermo; perchè non sol gli accidenti e gli esiti delle cose, che per lo più son fortuiti 5, ma la ragione ancora e le origini si conoscano. Il fin di Nerone, come fu lieto nel primo ardore degli esultanti, così destò varj affetti non solo in Roma fra' Padri, il popolo, ed i soldati della città; ma nelle legioni ancora e ne' capitani, sparso l'arcano di Stato potersi il Principe scegliere altrove che a Roma. Ma i Padri allegri usaron tosto libertà licenziosa con Principe nuovo e lontano; i Cavalieri primarj imitarono i Padri nella festività: la parte sana del Popolo, ed i clienti addetti a grandi famiglie, ei liberti de' condannati e degli esuli erano sorti a speranza: la plebe sordida, e avvezza al circo

ac theatris sueta, simul deterrimi servorum, aut qui, adesis bonis, per dedecus Neronis alebantur, moesti et rumorum avidi.

5. Miles urbanus, longo Caesarum sacramento imbutus, et ad destituendum Neronem arte magis et impulsu, quam suo ingenio, traductus, postquam neque dari donativum, sub nomine Galbae promissum, neque magnis meritis ac praemiis eundem in pace, quem in bello locum, praeventamque gratiam intelligit apud Principem a legionibus factum; pronus ad novas res, scelere insuper Nymphidii Sabini Praefecti, imperium sibi molientis, agitatur. Et Nymphidius quidem in ipso conatu oppressus. Sed, quamvis capite defectionis ablato, manebat plerisque militum conscientia; nec deerant sermones, senium atque avaritiam Galbae increpantium. Laudata olim et militari fama celebrata severitas ejus angebat adspernantes veterem disciplinam, atque ita XIIII annis a Nerone adsuefactos, ut haud minus vitia Principum amarent, quam olim virtutes verebantur. Accessit Galbae vox, pro Rep. honesta, ipsi anceps, legi a se militem, non emi. Nec enim ad hanc formam cetera erant.

6. Invalidum senem T. Vinius et Cornelius Lacó, alter deterrimus mortalium, alter ignavissimus, odio flagitiorum oneratum, contemptu inertiae destruebant. Tardum Galbae iter et cruentum, interfectis Cingonio Varrone, Consule designato, et Petronio Turpiliano, Consulari: ille, ut Nymphidii socius, hic, ut dux Neronis, inauditi atque indefensi, tamquam inno

e a' teatri, la feccia insieme de' servi, e quanti, scossi d'ogni sostanza, delle vergogne vivevano di Nerone, eran mesti ed anelavan romori.

5. La truppa urbana, abituata per sacramento all'obbedienza de' Cesari, a più per arte ed impulso, che di sua voglia tratta a lasciar Nerone, poichè s'avvide che il donativo promesso a nome di Galba non s' atteneva, nè aveasi in pace a' grandi meriti e premj lo stesso grado che in guerra, ed era preoccupata la grazia di Principe eletto dalle legioni, propensa a nuovi ardimenti, era oltracciò stimolata dalla malvagità di Ninfidio Sabino Prefetto, che macchinava all' Imperio. La sua già lodata e tra gli eserciti celebrata severità travagliava quanti sdegnavan la disciplina antica, e per quattordici anni eran così da Nerone avvezzi, che i vizj amavan de' Principi quanto una volta ne riverivano le virtù. Si aggiunse voce di Galba, onesta per la repubblica, pericolosa per lui, sceglier esso, non comperare il soldato: poichè a tal saggio non conformavasi il resto.

6. Tito Vinio e Cornelio Lacone, uno il peggiore, l'altro il più vile degli uomini, il vecchio invalido, carico già dell'odio de' loro eccessi, col dispregiarne la codardìa rovinavano. Il viaggio di Galba fu tardo, e sanguinoso per le uccisioni di Cingonio Varrone Consolo eletto, e di Petronio Turpiliano già Consolo: quei, come complice di Ninfidio, questi, come uffizial di Nerone, non ascoltati e indiStorie Tom. III. 31

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