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riflesso rendesi più reprensibile, perchè del tutto superfluo lo storpio, che di praevideo s'opera dal Bentlejo. Pur n'era stato il Vettori da gravi autori ripreso, e meritamente; perchè la stessa autorità, che tanto al per consentiva congiunto a' nomi, glielo vietava mai sempre congiunto a' verbi, co'quali unito non volle mai ch'esprimesse, se non la continuazione, ed il compimento, e la perfezion dell' azione significata dai verbi, siccome avviene in persedere, perspectare, perorare, peragere, e in tutti gli altri consimili; talmentechè il pervidere non altro denotò mai pe' Latini, che quanto il ragguardare per noi, cioè veder bene o affatto, e talor anche vedere semplicemente, considerare, a cui però vuolsi unire il raro significato di scoprire, capire. Ed essere espressamente usato da Orazio stesso a tal senso mostrò con altri assai gravi interpreti Roberto Stefano chiarirsi appunto dalle parole aggiuntegli oculis lippus inunctis, senza le quali, come non avverrebbe sicuramente del παραβλέπεν tutto il contrario denoterebbe il pervideas di ciò, che da Pier Vettori si argomentava. Lo che sarebbe ancor vieppiù manifesto, ove piacesse di legger male per mala, come pur piace al Bentlejo. accrescendosi da tale avverbio la forza di quella cisposità e lippitudine ad attenuare l'acume della nativa facoltà di ragguardare e comprendere, che da pervideo si esprime principalmente. E niuna cosa a mio credere più lo comprova quanto gli esempi prodotti pur dal Bentlejo per sostener la violenza fatta a praevideo, in uno de' quali s'ha Hypsea caecior speetas, nell'altro audis surdior scopulo, ne' quali è chiaro, che così l'audis, come lo spectas, suonano ciò che pur debbono per sè stessi guardare, ascoltare, ma il primo come si può da un cieco, l'altro come s'avviene ad un sordo, Non altrimenti a scemare o a togliere interamente le azioni, che da praevideo e pervideo sono significate, forza è notare le cause che le rattemprano o annientano; siccome senza l'aggiunto di male mai non potevano, come avveduti, denominarsi ciechi quei Fiorentini, de quali scrive il nostro Giovan Villani Istor. lib. 2. cap. 1. I Fiorentini male avveduti, e però furo sempre da poi in proverbio chiamati ciechi, credettono alle sue false lusinghe. Il senso dunque dato dal P. Petrucci a praevisa, per sostenere la sua maniera di rendere un tal concetto, non si attiene che all' opinione di recentissimo interprete la quale non può non essere, siccome fu da tutti i migliori inter

preti, riprovata. Primieramente perchè, in luogo d'essere sostenuta da una legittima autorità, è condannata da tutte le autorità di esempj e di regole Secondamente perchè ad esprimere il senso, che si vorrebbe, sostituisce ad un verbo, che in qualche modo potrebbe trarsi a significarlo, un verbo che in niuna guisa può mai violentarvisi. In terzo luogo perchè a mostrare l'improprietà di tal verbo a tale significato bastan gli esempi, che a sostenerne la proprietà produconsi dal Bentlejo. Finalmente perchè non può la sentenza, che vuolsi esposta da Orazio, in miglior modo adombrarsi, quanto dalle parole, che tutti i Codici attestano da lui medesimo adoperate ad esprimerla. Per tali ragioni dunque mi è pur mestieri di sempre più confermarmi nella interpretazione già datane.

LIBRO TREDICESIMO

Nota 1. cap. 2.

CON ACCORDATI PIACERI) Concessis voluptatibus traducesi con diporti leciti dal Davanzati. Lascio il diporti, che per me suona assai meno, in questo luogo principalmente, che voluptates; e mi arresto al leciti, che se talvolta può equivalere a concessis, qui vi si oppone sostanzialmente; e può soltanto significare accordati, cioè, non dall' onesta indole de' medesimi, ma da' suoi precettori, a Nerone. Eccone le ragioni. Se leciti fossero stati i piaceri, co'quali Seneca e Burro si argomentavano di contenere la lubrica età del Principe, non avrebbono mai potuto disconvenire al più grave coltivatore della virtù. Erano dunque essi tali? Uno di questi fu la consuetudine presa con Atte liberta, in onta di Ottavia sposa e della madre Agrippina, ne severioribus quidem Principis amicis adversantibus, siccome accerta lo Storico in questo Libro cap. 12. Che poi tra' questi più austeri amici del Prin cipe i suoi precettori ancora si annoverassero, lo chiarì Seneca stesso con prevalersi di Atte a distornare l'incesto, che macchinava col suo figliuolo Agrippina, Senecam contra muliebres inlecebras subsidium a femina petivisse, così lo Storico Ann. lib. 14 cap. 2. Un altro piacere fu di mostrarsi al popolo e guidator di cocchi e suonatore di cetera, Senecae ac Burro visum, ne utraque pervinceret, alterum concedere, lib. cit. cap. 14. poichè nell' uno e nell' altro pure si segnalò, non

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solo in mezzo a' soldati, a' centurioni, a' tribuni, ma con Burro al fianco, il qual, benchè di mal viso, pure lo festeggiava, adsistentibus facies accesserat cohors militum, centuriones, tribunique, et moerens Burrus ac laudans, lib. cit, cap. 15. E questo genere di piaceri, quanto sia lecito, ove da un Principe si costumi, principalmente di grande imperio, lascio deciderlo a que che sanno, quanto contribuisca la gravità del regnante alla morale, alla quiete, ed alla floridezza del regno.

Nota 2. cap. 2.

APOTEOSI) Il consecratio del Testo significa precisamente quella che i Greci dissero aToswais, ed era l'aggregamento solenne d'un Imperadore defonto nel numero degli Dei: la qual ceremonia distintamente descrivesi da Erodiano Hist. lib. 4. cap. 2. Il nostro consecrazione, fuori che in questo luogo dal Davanzati, da niun autore si trasse a denotar ciò; avendo costantemente significato per noi far sacra, cioè di profana rendere religiosa una persona o una cosa, o dedicarla al culto ed all'onor degli Dei. Io dunque lascio questo vocabolo, come non proprio ad offrire distintamente l'immagine, che qui presentasi dallo Storico, e mi prevalgo di apoteosi, parola già fatta nostra dall' uso e nostra in maniera che a tutti denota senza velo quanto si esprime dal consecratio di Tacito.

Nota 3. cap. 8.

PER SEDUCENTI MANIERE ) Consento col Lipsio, che Tacito con lo specie inanium voglia significare gesti, parole, e tutte le qualità esteriori, atte a guadagnar gli animi, spezialmente volgari; tanto più che con lui consentono altri gravi commentatori. Lo specie denota appariscenza, come inanium significa qualità non frivole, non orgogliose, non false, ma di bella mostra, e che sono per sè medesime vane, se al senno e ad altri reali pregj non si congiungono. Siccome il volgo suole ammirarle ed esserne preso: così son elle essenziali per chi dee reggerlo e governarlo, e unite al merito sono ancor elleno di real merito perchè rendono e più gradita e più solida l'autorità. Se il Davanzati con la sola voce apparenza non chiari tutto il concetto; quanto l'impicciolì il Dureau de la Malle con

l'art de se faire valoir méme par les petites choses! La nostra voce maniera esprimendo appunto qualità e modo di procedere, equivale ad inanium, e seducente espone quel trar con allettamento che si conviene alle forme di lusinghiera apparenza, che qui lo specie vuol denotare,

Nota 4. cap. 28.

DIE CIVIL BRIGA) Così il Davanzati, come il Dureau de la Malle prendono il contentiones proprias in un senso indegno a mio parere, di Tacito, traducendo quegli privatamente inimico, questi pour satisfaire des ressentimens particuliers. Perciocchè Tacito, ovunque avviensi a far menzione di Elvidio, ce lo presenta sempre come l'illustre e virtuoso genero di Trasea; nè cosa alcuna ci offre la storia di Elvidio, che possa diminuire ne' posteri tanta opinion di virtù. Ma quale è mai la virtù di quell'uomo, che usa la pubblica autorità confidatagli per isfogare private animosità? Nè la ragione, nè la morale consentono di preferire un'interpretazione de'sentimenti degli uomini, principalmente di celebrata opinione, che la virtù ne offuschi, ove possano le parole adoperate ad esprimerli sostener degno significato. Ora ognun sa che proprius a molte e varie ed oneste significazioni è soggetto. In fatti alcuni commentatori, a giustificazione egualmente e di Elvidio e di Tacito, interpretarono proprias o come proprie del Tribunato, e in conseguenza degne dello splendore d'un civil magistrato, o come proprie di Elvidio, e in conseguenza degne di un uomo fermo nel sostener la giustizia in ogni sua relazione con la Città. Io dunque riflettendo che proprius denota spesso per i Latini legitimus, qui secundum leges est, come lasciando altri esempli mostra abbastanza Lucrezio lib. 4. Atque in amore mala haec proprio summeque secundo Inveniuntur,

credo che in questo senso qui si prendesse da Tacito ; cosicchè proprias contentiones exercuit significhi verbalmente mosse querela legittima: lo che io credo con maggior grazia e forza, e con eguale chiarezza esprimersi dal civil briga; perocchè briga, come ognun sa, denota controversia, contentio, e civile esprime assai nobilmente la qualità di legittimu cioò secondo la ragion pubblica della città.

A SPESE DI GIOVANNI MAGHERI, E DI RICCARDO TONDINI..

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