Page images
PDF
EPUB

Nota 4. cap. 25.

DE' GIOVANI) Scrisse al Senato, lodando i giovani alquanto, così traducesi dal Davanzati il levi cum honore juvenum: nè diversamente usano gli altri volgarizzatori tra'quali il Dureau de la Malle, il inséra quelques éloges pour les jeunes gens. Io poi credo che il levi qui suoni vano, ed eccone le ragioni. Non è possibile che Tiberio, il quale, ove il suo proprio interesse non ne patisse, usava, come dovea per politica, magnificare e inalzare nella opinione de' cittadini, e del Senato principalmente, quanti gli si attenesser di sangue, volesse diversamente condursi verso i mariti da lui medesimo scelti alle sue nipoti, con poco decoro suo, anzi contro l'espressa ragion di Stato. Perchè, obbligando a riconoscer grandi que' che innalzava, veniva a conciliar più rispetto alla sua persona, fonte di quella grandezza. Dove per lo contrario, se avesse mostrato d'onorar poco que' giovani, ch' egli si univa di sangue col vincolo più geloso per uno Stato, che attenda la successione all' Impero della ragione di un Principe, che non ha legge di Stato per ordinare la successione de' suoi, veniva a rendere disprezzabile con lo Stato la sua famiglia e sè stesso. Si unisca a ciò che Tiberio, quando non ebbe tra' suoi congiunti chi per maggior convenienza fosse chiamato a succe dergli, si tenne sempre indeciso chi preferire de' dne, che gli erano in egual grado congiunti, cum, incolumi Germanico, integrum inter duos judicium tenuisset, Ann.lib. 3. cap. 56. E questo si conveniva al suo geloso carattere, perchè mai niuno de' suoi fosse animato dal suo favore a tentare di superarlo in grazia, come già superavalo per virtù, presso il Senato ed il popolo. Or quando avvennero tali nozze era composta la sua famiglia di pronipoti, pari di grado, ma non di egual discendenza, quale nascendo di Druso, qual di Germanico. Il suo giudizio fu sempre irresoluto in modo rispetto ad essi che negli estremi ancora si tenne in forse di preferire a' suoi nipoti un estraneo, dubitavit de tradenda republica primum inter nepotes, con quel che segue Ann: lib. 6. cap. 46. E che a suoi generi egli accordasse tal grazia da farseli creder cari quanto i nipoti stessi, e al par di questi amorevoli, me lo dimostra l'adulazion del Senato, il più sicuro argomento per giudicare ove inclini il favor del Principe: aestimando cuju

[ocr errors]

sque detrimento quatuor progeneri Caesaris Cneus Domitius, Cassius Longinus, Marcus Vinicius, Rubellius Blandus delecti.... et pro ingenio cujusque quaesiti decretique in Principem honores, cit. lib. 6. cap. 45. Lo sceglier dunque a cosa così gelosa per l'interesse e per la quiete del pubblico, quale era il danno che allor dovea risarcirsi, i progeneri di Tiberio, e il farli arbitri delle forme onde onorare il Principe, era per essi massima dimostrazione di onore. Intanto, innalzando questi, veniva a tenere in freno l'ambizion de'nipoti, e spezialmente di quello che soprastava in età, ma che da lui s'abborriva perchè gradito dal popolo, cit. lib. 6. cap. 46., e seminando la gelosia tra' parenti, rendevali tutti deboli, ed egli tenevasi in forza sulla famiglia e lo Stato. Ed un elogio, non picciolo, ma fastoso esigeano le qualità di tai giovani. Erano essi di stirpe, onorata in vero, ma non eccelsa, e molto meno autorevole: eran di oneste, non però splendide relazioni: erano d'indole e di maniere civili, ma non di ardente e risoluto carattere ; talchè Lucio Cassio stesso, il quale era stato educato rigidamente dal padre, con il rigor della disciplina aveva pur conservata la sua nativa bonarietà. Basta dunque di ricordarsi, che Cesare avea negato a Sejano il matrimonio di Livia, mentre Sejano era ancor l'idolo di Tiberio, solo perchè Sejano era sorto a somma potenza per il favore del Principe, e perchè ancora temeva che nè Sejano nè Livia si contentassero di restare nella privata grandezza, e apertamente gli dichiarò, che sull' esempio d'Augusto, vedendo a quale potenza solleverebbe chi destinasse marito di sua nipote, mai non avrebbe scelto che uomini di poche brighe e speranze, insigni tranquillitate vitae, nullis reipublicae negociis permixtos, Ann. lib. 4. cap. 40.; basta, dico ricordarsi di ciò per argomentar che Vinicio e Cassio eran di tal carattere, che meritavano non l'onor solo del parentado, ma la più schietta benevolenza di Cesare. Egli doveva dunque magnificargli con maggior enfasi, quanto essi meno lo meritassero; e benchè il Senato Romano già fosse talmente esperto nell'arti di servitù da mostrar viso di credere realmente grande ogni elezione del Principe, pur molti avranno ben conosciuto il valore di tali elogj, e ne avranno nel loro cuore derisa la vanità, come talvolta eran usi, Ann. lib. 3. cap. 29. Tacito poi non poteva non estimarli tali e come tali descriverli, Ed egli in fatti ci rappresenta un tal Principe, quanto ritroso a lo

dare con sentimento il merito di chi potesse adombrarlo, altrettanto vivo e nervoso nell' esaltar que'congiunti, che senza muovergli gelosia potessero o conservargli od accrescergli dignità: retulit tamen, così Ann. lib. 1. cap. 52., ad Senatum de rebus gestis, multaque de virtute ejus, cioè di Germanico, memoravit, magis in speciem verbis adornata, quam ut penitus sentire crederetur: paucioribus Drusum, et finem Illirici motus, laudavit, sed intentior, et fida oratione. E perchè? perchè divisa.... . et discors aula erat, tacitis in Drusum aut Germanicum studiis. Tiberius, ut proprium et sui sanguinis, Drusum fovebal. Germanico alienatio patrui amorem apud ceteros auxerat, Ann. lib. 2. cap. 43. Tutto dunque obbliga di ricusare al levi il significato di poco o tenue. D'altronde il vano è di tal carattere, che questo solo vocabolo non solamente esprime la qualità dell' elogio convenientissimo alle persone e all' oggetto, ma tutta l'arte politica di Tiberio nel governare e spiegar gli affetti del tenebroso suo

cuore.

Nota 5. cap. 20.

PADRONE) Ho già detto alla nota 4. del libro primo quale significato avessero pe' Romani dominatio, dominus, dominari, principalmente ove per ira o scherno a principe s'apponessero. Cajo certamente dee nominarsi il tiranno per eccellenza, stante il feroce suo desiderio di avere in un solo ca po tutto lo Stato per troncarlo d'un colpo, al qual desiderio poi corrisposero tutte le azioni del suo brutal principato. Signore non può mai certo denotar ciò in questo luogo, nè mai sarebbe degno contrapposto di servo nel vile significato di schiavo, come qui suona; e fuori di questa antitesi non sarebbe stato nè così acuto, nè così vero il detto dell' Oratore Passieno. Per aderir peraltro al consiglio di dotto amico cui qui non aggradiva tiranno, cambio tal voce in padrone parola egualmente oltraggiosa, ove a popolo si riferisca uso a splendida libertà; tanto più che l'aggiunto peggiore qualifica pienamente l'intemperanza di una dispotica signorìa.

Nota 6. cap. 25.

EGUALITA) Tacito in questo periodo chiude le sue riflessioni sopra le qualità di Agrippina da Tiberio infamate. Ei la tac

eiava d' impudicizia; a smentir dunque tal onta debbono trarsi tutte le voci usate qui dallo Storico. Dicesi dunque da lui, che Tiberio iniquamente aggravala di tresca impura con Gallo, perchè Agrippina virilibus curis feminarum vitia exuerat. E quali erano tai maschj affetti? agognar signoria. Era dunque Agrippina aequi impatiens perchè dominandi avida. Aequum sta qui per Aequitas, che suona frequentemente Aequalitas; e per Aequalitas dee qui prendersi, perchè lo Storico ci palesa costantemente Agrippina tenace più tosto che intollerante di qualunqu'altra virtù, che può latinamente significarsi da aequitas. Ciò posto, è chiaro, che l' aequi impatiens non altro esprime, se non che per la brama di dominare non avrebbe mai tollerato Agrippina di scendere dalla sua alterezza per agguagliarsi, e molto meno ad osceno fine, ad un privato quaJunque, benchè ne fosse, quanto potesse esser mai femmina, accesa Non so dunque comprendere, come abbian potuto gl'Interpreti reputar guasto il Testo in tale espressione.

Nota 7. cap. 27.

A GUASTA ETA) Riferisco coll'Ernesti il corruptis moribus alla malvagità de' tempi per i corrotti costumi ed il carattere degli Emilj, che a tali costumi avvennersi, stringe più tosto ad interpretarlo così, che in relazione agli uomini della famiglia Emilia.

Nota 8. cap. 31.

COME ORBA) Senectutem Tiberii, ut inermem, despiciens; così nel Testo. Il Freinsemio e l' Ernesti solidamente mostrano che l' inermem non altro suona che liberis carentem, ch'è propriamente l'orba degl' Italiani.

Nota 9. cap. 40.

ED ALTRI ) Qui il Testo è certo difettuoso. Per quanto siasi congetturato dagli Eruditi, non si è potuto raccoglier altro, se non che qui doveansi trovare espressi altri nomi, o pretermessi per trascuraggine de copisti, o cancellati per qualche sinistro incontro da Codici, ed essendo impossibile d'indovinare quali essi fossero, ho creduto bene di racconciare l'ordine della narrazione aggiungendo nella versione ed altri.

Nota 10. cap. 42.

TIRANNIDE) Credo che Tacito non abbia voluto qui dichia rare, come pretesero alcuni, a qual carattere di governo appartenga più la signoria de' pochi e del popolo; ma solamente indicare il valore di quel governo, che è regolato da un solo con diversi Ordini costituiti e composti dalle diverse classi e di ottimati e di popolo. In fatti non parla qui che di un regno, nel quale ora preponderavano i nobili ed ora il popolo, secondo che a questo o a quelli piegasse la benevolenza del re. Un paragone astratto de'governi popolare e oligarchico sarebbe dunque fuori di luogo senza niuna relazione con gli anteriori e posteriori concetti. Per la qual cosa io penso ch'abbia voluto significare, che quel governo, nel quale dal re si concede nell'amministrazion degli affari la preponderanza alla gran massa del popolo, più s' approssimi alla libertà che fiorisce nelle repubbliche popolari ; e che al contrario tale preponderanza accordata a pochi giovi moltissimo al re per sostenersi in despotica signoria. Me lo comprova la sua maniera di calcolare astrattamente i governi. Ho già detto nella nota 2. del libro primo com' egli usasse il vocabolo libertà. Qui aggiungerò solamente, che benchè sia malagevole di raccogliere la vera opinion sua sul valore d'ogni governo semplice in relazione alla pubblica utilità, e in conseguenza sull'assoluta e respettiva bontà di ciascuno; è tuttavia certo, che raffrontando insieme tutti que luoghi, dov' egli esprimesi sopra i governi di Roma, o d' altre nazioni, si può asserire senz' arroganza ch'ei preferisse il governo che fu composto da Cicerone nel suo trattato della Repubblica il quale e da' frammenti di tal trattato, e da ciò che ne dice de Legibus, e da' tanti luoghi d' altre sue opere, san gli Eruditi ch' altro non era se non un misto di oligarchia e democrazia, ordinato secondoch' egli credeva che fosse in Roma dopo la creazion de' Tribuni insino alla rovinosa perturbazione de' Gracchi.

Nota 11. cap. 44.

BENEVOLENZA) I falsi amici odio non fingono traducesi dal Davanzati il falsos in amore odia non fingere, seguito pure dagli altri. Pare a me che non debba esser questo il significato: perche nulla più fingesi da' falsi amici che l' odio. In

« PreviousContinue »