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seconda sono tutti e tre li versi seguenti, ne' quali si tratta quello che dire s' intende, cioè la loda di questa gentile; lo primo de' quali comincia: Non vede il sol che tutto il mondo gira. La terza parte è 'l quinto e ultimo verso, nel quale, dirizzando le parole alla canzone, purga lei d' alcuna dubitanza. E di queste tre parti per ordine è da ragionare.

CAPITOLO II.

Facendomi dunque dalla prima parte, che a proemio di questa canzone fu ordinata, dico che dividere in tre parti si conviene; chè prima si tocca la ineffabile condizione di questo tema: secondamente si narra la mia insufficienza a questo perfettamente trattare; e comincia questa seconda parte: E certo e' mi convien lasciare in pria. Ultimamente mi scuso da insufficienzia, nella quale non si dee porre a me colpa; e questo comincio quando dico: Però se le mie rime avran difetto. Dico adunque: Amor, che nella mente mi ragiona; dove prin cipalmente è da vedere chi è questo ragionatore, e che è questo loco nel quale dico esso ragionare. Amore, veramente pigliando e sottilmente considerando, non è altro, che unimento spirituale dell' anima e della cosa amata; nel quale unimento di propria sua natura l'anima corre tosto o tardi, secondochè è libera o impedita. E la ragione di questa naturalità 3 può essere questa ciascuna forma sustanziale procede dalla sua prima cagione, la qual è Iddio, siccome nel libro di Cagioni è scritto; e non ricevono diversità per quella, ch'è semplicissima, ma per le secondarie cagioni, e per la materia in che

1 Questo, il cod. Gadd. 134 ed il Vat. Urb. Tutti gli altri MSS. e l' ediz. Biscioni: questa. Ma usando Dante altrove e nelle prose e nei versi tema di genere mascolino, egli è da credere che tema femminino, voce plebea e corrotta, sia regalo de' copisti. Nè vaglia che il Boccaccio l' adoperi femminino nel Decamerone, perchè egli segue in quello il parlare della moltitudine. E. M. - Il cod. Ricc. invece di questa tema legge questa don

na, ed io sono stato in forse, se dovea porre questa lezione nel testo. F.

21 codici e le stampe: tosto e tardi. Ma la correzione è indicata dalle parole che seguono: secondochè è libera o impedita. E. M.

3 Naturalità dell'anima per la quale essa corre all' unimento colla cosa amata. P.

4 Per quella prima cagione, cioè Dio. P.

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discende. Onde nel medesimo libro si scrive, trattando dell'infusione della bontà divina: «e fanno 2 diverse le bontadi »e i doni per lo concorrimento della cosa che riceve. Onde conciossiacosachè ciascuno effetto ritenga della natura della sua cagione, siccome dice Alfarabio quando afferma che quello ch'è causato di corpo circulare ha in alcuno modo circulare essere, ciascuna forma ha essere della divina natura in alcuno modo; non che la natura divina sia divisa e comunicata in quelle; ma da quelle participata, per lo modo quasi, che la natura del sole è participata nell' altre stelle. E quanto la forma è più nobile, tanto più di questa natura tiene. Onde l'anima umana, ch'è forma nobilissima di queste che sotto il cielo sono generate, più riceve della natura divina, che alcun' altra. E perocchè naturalissimo è in Dio volere essere (perocchè siccome nello allegato libro si legge, prima cosa è l'essere, e anzi a quello nulla è), l'anima umana esser vuole naturalmente con tutto desiderio. E perocchè il suo essere dipende da Dio, e per quello si conserva; naturalmente disia e vuole a Dio essere unita per lo suo essere fortificare. E perocchè nelle bontadi della natura umana la ragione si mostra

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1 Supplisci ciascuna forma sustanziale. P.

2 Intendi: E le infusioni della bontà divina fanno nell' universo creato diverse le bontadi e i doni, non esse per sè, ma per lo concorrimento della cosa, che ne' vari casi riceve l'infusione. P.

3 Proporrei che fosse scritto Alfarabio, e perchè lo avvisa il Biscioni e perchè nel testo medesimo d' Alberto Magno trovasi scritto Alpharabii. L' Alpetragio, che si legge in tutti i testi, non può dunque esser altro che storpiatura d' amanuense S.

Da corpo circulare, cod. Vat. Urb.; da moto circulare; cod. Vat. 4778. E. M. 5 Dà invece di ha, hanno tutti i testi con lezione che vedrassi errata per poco che si consideri il contesto del discorso. E. M. II Witte poi opina che sia da leggersi dee.

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6 Come se dicesse: ha un essere che tiene in sè della forma del circolo. P.

7 Cioè, partecipa più nella sua essenza della natura divina. P.

8 Queste cose, le pr. ediz. con lezione da non essere accettata; perocchè l' A. qui intende che l'anima umana è nobilissima, cioè nobile per eccellenza, fra tutte le forme generate sotto il cielo. E. M.

9 Con tutto desiderio, è lezione del cod. Ricc.; con tanto desiderio, la volgata. F.

10 L'ediz. Biscioni: dipende da Dio per quello che si conserva. Le pr. ediz. e i cod. Marc. secondo, Vat. 4778 e Gadd. 3: dipende da Dio e per quello che si conserva. E manifesto doversi ritener l'e di questa lezione, rigettando il che, e leggere come noi abbiamo messo nel testo. E. M.

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della divina, viene che naturalmente l'anima umana con quelle 2 per via spirituale si unisce tanto più tosto e più forte, quanto quelle più appaiono perfette; lo quale apparimento è fatto, secondochè la conoscenza dell'anima è chiara o impedita. E questo unire è quello che noi dicemo amore," per lo quale si può conoscere quale è dentro l'anima, veggendo di fuori quelli che ama. Questo amore, cioè l'unimento della mia anima con questa gentil donna, nella quale della divina luce assai mi si mostrava, è quello ragionatore del quale io dico; poichè da lui continui pensieri nascevano, miranti e disaminanti lo valore di questa donna che spiritualmente fatta era colla mia anima una cosa. Lo loco nel quale dico esso ragionare si è la mente. Ma per dire che sia la mente, non si prenda di ciò più intendimento, che prima; e però è da

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1 Questo passo leggevasi contraffatto in tutti i testi così: E perocchè nelle bontadi della natura della ragione si mostra la divina vena, che natural mente ec. Noi l'abbiamo raddrizzato senza tema d'esserci ingannati. E. M. Cioè, appare alcuna condizione della bontà della natura divina. P. 2 Intendi, con quelle bontadi. E. M. 3 Intendi: Lo quale apparimento di perfezione è fatto secondochè la conoscenza che l'anima dà agli altri di sè medesima, è chiara o impedita. Per questo le anime che si nascondono dietro la trista selva de' vizii, o che ci vennero sepolte in un corpo di mala complessione, siccome non fanno conoscere la beltà dell'essere loro, così non possono essere obbietto d'amore. P.

Per chi volesse ritornare rivedendo le proposizioni che compongono la gradazione a dimostrare il perchè l'anima nostra si unisca d'amore colle altre anime, sono queste. Ciascuna forma sostanziale procede da Dio, ch'è sua cagione. Ma ciascuno effetto ritiene della natura della sua cagione: dunque ciascuna forma ritiene della divina natura; e tanto più, quanto essa forma è più nobile: onde l'anima umana DANTE. 3.

più ritiene della forma divina che alcun' altra. Ma nella natura di Dio è innanzi tutto il voler essere; perciò anche l'anima nostra esser vuole con tutto il desiderio. Ma il suo essere dipende da Dio e per Dio si conserva; perciò naturalmente l'anima desia e vuole a Dio essere unita. Ma nelle bontadi della natura umana si mostra in parte l'essere di Dio ; e però l'anima vi si unisce, tanto più tosto e forte, quanto quelle appaiono più perfette. P.

5 Veggendo di fuori quelli che ama, questo amore cioè l' unimento della mia anima con questa gentil donna, nella quale della divina luce assai mi si mo. strava. E quello è ragionatore, del quale io dico, poichè da lui continui pensieri, nascevano ec. Così l'ediz. Biscioni con lezione sconvolta; e poco meglio di essa le altre stampe. Noi abbiamo rimesso in piedi il senso, correggendo l'interpunzione, e facendo verbo dell'e innanzi a quello, dopo di cui s'è levato l'è, viziosamente introdotto da chi non intese punto ciò che materialmente copiava. E. M. 6 Accenna al verso: « Amor che nella mente mi ragiona. » P.

7 Una medesima cosa, le pr. ediz. e i cod. Vat. Urb. e Gadd. 134. E. M. 12

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vedere che questa mente propriamente significa. Dico adunque che 'l Filosofo nel secondo dell' Anima, partendo le potenze di quella, dice che l'anima principalmente ha tre potenze, cioè vivere, sentire e ragionare: e dice anche muovere ; ma questa si può col sentire fare una, perocchè ogni anima che sente, o con tutti i sensi o con alcuno solo, si muove; sicchè muovere è una potenzia congiunta col sentire. E, secondochè esso dice, è manifestissimo che queste potenze sono intra sè 3 per modo, che l'una è fondamento dell' altra : e quella ch'è fondamento puote per sè essere partita; ma l' altra, che si fonda sopr' essa, non può da quella essere partita. Onde la potenza vegetativa, per la quale si vive, è fondamento sopra lo quale si sente, cioè yede, ode, gusta, odora e tocca; e questa vegetativa potenzia per sè può essere anima, siccome vedemo nelle piante tutte. La sensitiva sanza quella esser non può. Non si trova alcuna cosa che senta, che non viva. E questa sensitiva è fondamento della intellettiva, cioè della ragione; e però nelle cose animate mortali la ragionativa potenzia sanza la sensitiva non si trova ; ma la sensitiva si trova sanza questa, siccome nelle bestie e negli uccelli e nei pesci e in ogni animale bruto vedemo. E quella anima che tutte queste potenzie comprende, è perfettissima di tutte l'altre. E l'anima umana la qual è colla nobiltà della potenzia ultima, cioè ragione, participa della divina natura a guisa di sempiterna intelligenza; perocchè l' anima è tanto in quella sovrana potenzia nobilitata e dinudata da materia, che

1 Che per qual cosa, lat. quid. P. 2 Una potenza col sentire, le pr. ediz. e il cod. Gadd. 134. E. M.

3 Sono intra sè, cioè hanno tale attinenza l'una coll' altra. P.

4 Cosi il cod. Vat. Urb. I Gadd. 134, 135 secondo: sopra 'l quale. Il Biscioni sopra la quale. E. M.

5 Intendi, anima vegetativa. Parla l'Autore secondo il modo d' Empedocle e di Pittagora, che diedero auima alle piante come alle bestie ed agli uomini. Non già perchè avessero pensato mai que' filosofi sapientissimi, essere queste tre condizioni d' anime

di fatto eguali, ma perchè fu lecito a loro, siccome primi trovatori della lingua filosofica, porre nome anima anche alla virtù che fa vegetare le piante, in quella guisa che noi, per altri rispetti, abbiamo potuto toglierlo ad essa, e mantenerlo solamente per le altre due virtù, che fanno vivere e sentire gli animali, e vivere sentire e ragionare l' uomo. P.

6 E questa sensitiva potenza, i cod. Marc., Barb., Gadd. 3, 134, 135 secondo, e le pr. ediz. E. M.

7 Come se dicesse: la quale ha la nobiltà della potenza più sublime. P.

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la divina luce, come in angiolo, raggia in quella; 1 e però è l'uomo divino animale da' filosofi chiamato. In questa nobilissima parte dell' anima sono più virtù, siccome dice il Filosofo massimamente nel terzo 2 dell' Anima, dove dice che in essa è una virtù che si chiama scientifica, e una che si chiama ragionativa ovvero consigliativa: e con questa sono certe virtù, siccome in quello medesimo luogo Aristotile dice, siccome la virtù inventiva e giudicativa. E tutte queste nobilissime virtù, e l'altre che sono in quella eccellente potenzia, si chiama3 insieme con questo vocabolo, del quale si volea sapere che fosse, cioè mente; per che è manifesto, che per mente s'intende questa ultima e nobilissima parte dell' anima. E che ciò fosse lo 'ntendimento si vede, chè solamente dell' uomo e delle divine sostanzie questa mente si predica, siccome per Boezio si può apertamente vedere, che prima la predica degli uomini ove dice alla filosofia: « Tu e Dio, che te nella mente degli » uomini mise; » poi la predica di Dio, quando dice a Dio: 5 << Tutte le cose produci dal superno esemplo, tu bellissimo, » bello mondo nella mente portante. » Nè mai d'animale bruto predicata fue, anzi di molti uomini che della parte perfettissima paiono difettivi non par doversi .nè potersi predicare; e però que' cotali sono chiamati nella grammatica amenti e dementi, cioè senza mente. Onde si puote omai ve

1 Raggia del lume delle eterne verità. P.

2 Nel sesto dell'anima, così tutti i testi. Ma i libri d' Aristotile dell' Anima non son più di tre e nel terzo appunto (cap. 3 e 4) parlasi a lungo di tali virtù dell' anima, cioè della scientifica e della ragionativa o consigliativa. E. M.

3 Si chiama invece di si chiamano, maniera frequentissima in questo li. bro ed in altre scritture del trecento, nelle quali il singolare assoluto è posto invece del plurale. Ed intorno a questa apparente irregolarità del verbo singolare accordato co' suoi casi nel numero del più, allorquando è preceduto dal si, è da vedersi una

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bella nota del signor Parenti, Annot. al diz. Ital., P. I, pag. 270. E. M.

4 Questo te, necessario a sapere qual sia la cosa messa da Dio nella mente degli uomini, è omesso in tutti i testi del Convito, e si supplisce col testo di Boezio, lib. I, pros. 4: Tu mihi, et qui te sapientium mentibus inseruit Deus. Vedi il Saggio, pag. 26. E. M.

5 A Dio, rettamente il cod. Barb. e le prime ediz. Il Biscioni: di Dio. E. M.

6 « Tu cuncta superno Ducis ab exemplo, pulcrum pulcerissimus ipse Mundum mente gerens, similique imagine formans. » Boet., de Cons., lib. III, carm. 9. P.

7 Cioè, nella lingua latina. F.

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